Quando Cara gli chiese se la amasse
Charlie rispose “non lo so”.
Quella risposta dopo anni di amore e
speranza crollò sulle spalle di lei come una grandinata di sassi appunti trafiggendo
corpo e spirito. Una risposta inaspettata, surreale, violentissima.
Cara iniziò a piangere lacrime di piombo
e la vista appannata aumentò la confusione tutt’intorno. Anche Charlie
piangeva, nonostante tutto.
Il mondo le sembrò finito, per
sempre, in quel preciso attimo e Charlie la stava trascinando sul bordo di un
baratro spaventoso. Cara voleva solo precipitare.
Le tentò tutte, ossessionatamente
cercò di trovare l’equilibrio del funambolo per non cadere ma quel “non lo so”
fu la forza di gravità inarrestabile e malefica.
Cara non era nel suo paese. Sarebbe
dovuta tornare dopo alcuni giorni eppure una mano divina, forse quella del suo
Angelo custode le diede le ultime forze necessarie per preparare la valigia e
salire su quel treno. L’indomani.
La notte prima dell’addio dormirono
comunque insieme, mano nella mano, come sempre. Non riuscivano ad addormentarsi
altrimenti. Lei avrebbe dovuto odiarlo invece anche nel sonno lo accarezzava.
Poche ore buie li dividevano dal loro ultimo saluto.
Il pianto disperato che strozzava la
gola, lo stomaco vuoto e i nervi spaccati in mille pezzi le avevano portato una
nausea assassina ed ora ogni respiro era un conato. Stava cedendo, quel suo
corpo esile. Troppo dolore. Charlie non era più un amico, un complice, un
amante. Charlie era un’ombra distesa sul letto i cui contorni venivano esaltati
dalla luce della luna che filtrava attraverso gli scuri. Charlie era un
profilo, un disegno, una visione. Charlie ora era il nulla.
Quante domande, quante poche risposte. Quanti
dubbi coperti ed irrisolti. Quanto silenzio tra di loro, oramai.
Cara svenne.
Charlie con lei.
Fu la prima a svegliarsi, all’alba. Lo
guardò ancora, si voltò, scese dal letto e a piedi nudi lo raggiunse al lato
suo. Per l’ultima volta passò le dita tra i suoi capelli e sussurrò al suo
orecchio “ Charlie, devo andare.”
Lui aprì gli occhi, si guardarono per un
soffio di secondi.
Scesero al piano di sotto. Cara corse in
giardino, si appoggiò al tronco di un ulivo. Non si reggeva in piedi e il
terrore nel cuore era come un cappio al collo.
Charlie restò in cucina e abbandonato su
una sedia ricominciò un pianto denso ma silenzioso.
Un amico di Charlie offrì un tè a Cara.
Era pallida, fragile, infreddolita nonostante fosse piena estate ed il sole a
quell’ora del mattino era già molto alto. Lei lo bevve. Due sorsi. Era alla
menta e a lei fa schifo la menta ma non riuscì a dire di no. Le mancava anche
il più sordo filo di voce. Si accorse di avere la febbre molto alta.
Charlie si offrì di accompagnarla alla
stazione ma lei rifiutò. Il cuore non avrebbe retto un addio davanti ad un
treno. Quel treno che l’aveva sempre portata da lui stracolma di amore.
“Cara è tardi, scusami” le disse
l’amico. “Ti porto io”.
Cara ormai non parlava più. Chiuse
lentamente le palpebre come a dire “andiamo” ma non fiatò.
Mentre l’amico caricava le valigie in
macchina Charlie e Cara si guardarono un’ultima volta, si avvicinarono, si
abbracciarono, si baciarono. Labbra salate intrise di lacrime.
“Ci ritroveremo, Cara. Deve solo passare
del tempo”.
“Promettimelo Charlie, ti prego”.
Cara affrontò un viaggio di tredici ore
senza più sentirlo.
Le sarebbe potuto accadere di tutto,
nelle condizioni in cui si trovava.
Tornata nel suo paese le corsero
incontro due braccia potenti che ebbero la prontezza di sorreggerla. Svenne
immediatamente.
Cara e Charlie non si sono mai più
incontrati.
Avevano condiviso l’amore che sognavano
da tempo ma ora questo amore era finito.
Nessuno dei due capì mai il perché.
Cara tentò di capirlo con tutte le sue forze
ma Charlie mostrò sempre troppa paura: forse non avrebbe mai voluto e dovuto
prendere quella decisione, forse ora si vergognava, forse sapeva di non
riuscire a guardarla di nuovo negli occhi che parlavano senza che la bocca
proferisse parola. Forse ora lo sguardo di Cara gli avrebbero solo fatto tanto
male e lui non poteva sopportarlo.
Anima troppo fragile, corpo troppo
debole.
Cara lo amava talmente intensamente che
decise di lasciarlo volare libero nel suo cielo. Libero di cadere, sbagliare,
rimpiangere o libero di scappare via.
Lei ora rimaneva al suo posto.
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