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domenica 16 agosto 2015

Mani

Quando Cara gli chiese se la amasse Charlie rispose “non lo so”.
Quella risposta dopo anni di amore e speranza crollò sulle spalle di lei come una grandinata di sassi appunti trafiggendo corpo e spirito. Una risposta inaspettata, surreale, violentissima.
Cara iniziò a piangere lacrime di piombo e la vista appannata aumentò la confusione tutt’intorno. Anche Charlie piangeva, nonostante tutto.
Il  mondo le sembrò finito, per sempre, in quel preciso attimo e Charlie la stava trascinando sul bordo di un baratro spaventoso. Cara voleva solo precipitare.
Le tentò tutte,  ossessionatamente cercò di trovare l’equilibrio del funambolo per non cadere ma quel “non lo so” fu la forza di gravità inarrestabile e malefica.
Cara non era nel suo paese. Sarebbe dovuta tornare dopo alcuni giorni eppure una mano divina, forse quella del suo Angelo custode le diede le ultime forze necessarie per preparare la valigia e salire su quel treno. L’indomani.
La notte prima dell’addio dormirono comunque insieme, mano nella mano, come sempre. Non riuscivano ad addormentarsi altrimenti. Lei avrebbe dovuto odiarlo invece anche nel sonno lo accarezzava. Poche ore buie li dividevano dal loro ultimo saluto.
Il pianto disperato che strozzava la gola, lo stomaco vuoto e i nervi spaccati in mille pezzi le avevano portato una nausea assassina ed ora ogni respiro era un conato. Stava cedendo, quel suo corpo esile. Troppo dolore. Charlie non era più un amico, un complice, un amante. Charlie era un’ombra distesa sul letto i cui contorni venivano esaltati dalla luce della luna che filtrava attraverso gli scuri. Charlie era un profilo, un disegno, una visione. Charlie ora era il nulla.
Quante domande, quante poche risposte. Quanti dubbi coperti ed irrisolti. Quanto silenzio tra di loro, oramai.
Cara svenne.
Charlie con lei.
Fu la prima a svegliarsi, all’alba. Lo guardò ancora, si voltò, scese dal letto e a piedi nudi lo raggiunse al lato suo. Per l’ultima volta passò le dita tra i suoi capelli e sussurrò al suo orecchio “ Charlie, devo andare.”
Lui aprì gli occhi, si guardarono per un soffio di secondi.
Scesero al piano di sotto. Cara corse in giardino, si appoggiò al tronco di un ulivo. Non si reggeva in piedi e il terrore nel cuore era come un cappio al collo.
Charlie restò in cucina e abbandonato su una sedia ricominciò un pianto denso ma silenzioso.
Un amico di Charlie offrì un tè a Cara. Era pallida, fragile, infreddolita nonostante fosse piena estate ed il sole a quell’ora del mattino era già molto alto. Lei lo bevve. Due sorsi. Era alla menta e a lei fa schifo la menta ma non riuscì a dire di no. Le mancava anche il più sordo filo di voce. Si accorse di avere la febbre molto alta.
Charlie si offrì di accompagnarla alla stazione ma lei rifiutò. Il cuore non avrebbe retto un addio davanti ad un treno. Quel treno che l’aveva sempre portata da lui stracolma di amore.
“Cara è tardi, scusami” le disse l’amico. “Ti porto io”.
Cara ormai non parlava più. Chiuse lentamente le palpebre come a dire “andiamo” ma non fiatò.
Mentre l’amico caricava le valigie in macchina Charlie e Cara si guardarono un’ultima volta, si avvicinarono, si abbracciarono, si baciarono. Labbra salate intrise di lacrime.
“Ci ritroveremo, Cara. Deve solo passare del tempo”.
“Promettimelo Charlie, ti prego”.

Cara affrontò un viaggio di tredici ore senza più sentirlo.
Le sarebbe potuto accadere di tutto, nelle condizioni in cui si trovava.
Tornata nel suo paese le corsero incontro due braccia potenti che ebbero la prontezza di sorreggerla. Svenne immediatamente.

Cara e Charlie non si sono mai più incontrati.
Avevano condiviso l’amore che sognavano da tempo ma ora questo amore era finito.
Nessuno dei due capì mai il perché.
Cara tentò di capirlo con tutte le sue forze ma Charlie mostrò sempre troppa paura: forse non avrebbe mai voluto e dovuto prendere quella decisione, forse ora si vergognava, forse sapeva di non riuscire a guardarla di nuovo negli occhi che parlavano senza che la bocca proferisse parola. Forse ora lo sguardo di Cara gli avrebbero solo fatto tanto male e lui non poteva sopportarlo.
Anima troppo fragile, corpo troppo debole.

Cara lo amava talmente intensamente che decise di lasciarlo volare libero nel suo cielo. Libero di cadere, sbagliare, rimpiangere o libero di scappare via.
Lei ora rimaneva al suo posto.


Eppure, negli abissi delle sue sensazioni, una voce le sussurrava timidamente che il suo Charlie ancora la amava e che nessuno avrebbe potuto separare quelle mani impazienti di stringersi forte poco prima del sonno.


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